Rapporto Annuale Istat, focus su digitalizzazione e imprese: Italia in ritardo, la mancanza di competenze si fa sentire

Aziende italiane indietro in fatto di digitalizzazione. Questa la fotografia scattata dal Rapporto Annuale 2019 dell’Istituto di statistica che vede l’80% delle imprese del Paese, fare i conti con un basso profilo tecnologico. Ad incidere in modo più significativo sul ritardo, la mancanza di competenze. Il gap rispetto all’Ue è pesante

La digitalizzazione del sistema produttivo è un fenomeno in crescente e rapida espansione ed esercita importanti ed inevitabili ripercussioni sulle caratteristiche della domanda di lavoro, sulle competenze richieste ai lavoratori e sulla formazione necessaria. Il livello e le caratteristiche della digitalizzazione, inoltre, risultano fortemente influenzati dalla dimensione e dal settore di attività delle imprese 4.0, nonché dalle specificità e dalle competenze del capitale umano impiegato. Lo dimostra il Rapporto annuale 2019 dell’Istat che, nel descrivere la situazione macroeconomica e sociale dell’Italia, analizza il rapporto tra digitalizzazione e imprese focalizzandosi, soprattutto, sulla correlazione tra trasformazione digitale e domanda di lavoro.

Di fatto, gli effetti della digitalizzazione sono già ben visibili nell’ambito dell’occupazione. In  ragione della pervasività e della velocità di espansione del fenomeno, le competenze digitali risultano le più spendibili sul mercato del lavoro. Lo dimostrano le rilevazioni secondo cui il numero di occupati in professioni informatiche è in aumento (dal 2,9% del 2011, al 3,5% nel 2018), e il divario digitale all’interno delle imprese è diminuito (dal 31% del 2019, al 48% nel 2018). La domanda di lavoro da parte delle imprese, dunque, continua a crescere ma è costretta a scontrarsi con una grave carenza di skills tecnologiche, oggi, vero e proprio freno al processo di digitalizzazione delle imprese italiane.

A far luce sul gap di competenze Ict che affligge il panorama professionale italiano, proprio il Rapporto Istat secondo cui, l’Italia è in linea con la media europea solo in fatto di competenze software (uso di programmi di automazione d’ufficio, capacità di programmazione ecc.) che al 2016 (ultimo anno disponibile) si attestavano al 51%. Marcato, invece, il divario rispetto alla media europa per: competenze nella soluzione di problemi (gestione di file e programmi software, uso evoluto di internet ecc.), per cui si registra un 53% italiano contro il 69%Ue; competenze nell’informazione (ricerca dati su internet e in documenti digitali) pari al 67% contro l’83% europeo; competenze nella comunicazione (interazione via Internet, uso dei social media), con un valore del 67% contro il 75% Ue.

L’Istat ha recentemente condotto un’analisi esplorativa in collaborazione con gli Istituti nazionali di statistica di Polonia, Regno Unito e Svezia42 , rispetto all’evoluzione della digitalizzazione nelle imprese di diversi Paesi. L’osservazione dei comportamenti e dell’intensità nell’uso di tecnologie digitali ha condotto all’individuazione di modalità di digitalizzazione simili e associabili a tre cluster di imprese:

  • il primo gruppo è composto da aziende con basso livello di digitalizzazione e comprende l’80% delle aziende italiane. Si tratta principalmente di piccole imprese che operano in settori a bassa tecnologia;
  • il secondo gruppo è costituito da aziende orientate al web; rappresenta il 15,9% del tessuto produttivo italiano e include soprattutto attività relative ai servizi tradizionali;
  • il terzo e ultimo gruppo fa riferimento alle imprese ad alta digitalizzazione. Si tratta in prevalenza di aziende di grandi dimensioni, legate alla manifattura ad alta tecnologia e ai servizi ad alta intensità di conoscenza. In Italia fa registrare una percentuale minima del 4,7%.

Dall’osservazione dei tre gruppi, si evincono significative differenze. Rispetto a variabili quali la diffusione dell’uso di computer, di sistemi di gestione di flussi informativi, la presenza di specialisti ICT e la diffusione delle attività formative, ad esempio, le  imprese fortemente digitalizzate fanno registrare percentuali doppie e triple.

Importanti anche le differenze riscontrabili da gruppo a gruppo, rispetto alle percentuali di investimento tecnologico. Il dato complessivo ci dice che il 40% circa delle imprese non ha intrapreso alcun tipo di investimento; la percentuale aumenta fino al 45% in riferimento alle aziende a bassa digitalizzazione. Differenze notevoli si notano anche in merito alle tipologie di investimento: le imprese più digitalizzate investono in tecnologie “hard” (quali robotica, stampa 3D, realtà aumentata) in quanto, per questo gruppo, la tecnologia rappresenta una parte integrante del sistema produttivo; le imprese orientate al web realizzano investimenti tecnologici più vicini al loro campo di azione, quali social media e vendite online; le imprese poco digitalizzate, investono poco e principalmente nell’ambito della sicurezza informatica, delle applicazione web e social. Interessante notare l’emergenza di un’importante correlazione tra gli investimenti tecnologici, le performance aziendali e i salari dei lavoratori.

L’impiego delle nuove tecnologie e la trasformazione digitale inoltre, sembra riflettersi anche sul capitale umano, ridisegnando le caratteristiche della domanda di lavoro: non solo richiesta di nuovi mestieri, ma anche riqualificazione tecnologica di vecchie professioni.