McKinsey: AI e innovazione leva strategica per competitività e crescita, +13% del PIL entro il 2030

+13% entro il 2030, questo il contributo, pari a 228 miliardi di euro, che innovazione e AI promettono di dare all’economia italiana nel prossimo decennio. Lo afferma McKinsey nell’ambito delle previsioni sull’impatto che il processo di innovazione in corso avrà sugli scenari futuri dell’economia italiana e mondiale. L’Europa ha un buona base di partenza, ma servono misure mirate.

Nell’era del 4.0, innovazione e, in particolare, intelligenza artificiale si configurano come i principali motori dell’economia italiana e mondiale. Lo confermano le ultime elaborazioni dell’Istituto di ricerca Mckinsey Global Institute, della società di consulenza manageriale Mckinsey & Company,  secondo cui, entro il 2030, il processo di innovazione che sta toccando imprese e pubbliche amministrazioni porterà l’economia italiana al + 13% del PIL ( 228miliardi).

L’incremento non sarà, ovviamente, circoscritto alla sola Italia ma toccherà l’intero continente: innovazione e intelligenza artificiale porteranno all’Europa una crescita economica del 19% con un incremento dal valore di 2.700 miliardi di euro. Le prospettive sono positive, ma affinché i risultati attesi diventino realtà si rende necessaria l’attivazione di misure specifica atte al sostegno e alla diffusione dell’innovazione.

Ad oggi, l’Europa presenta tutte le carte in regola per percorrere la strada della trasformazione digitale con successo. Anzitutto, possiede un settore industriale all’avanguardia e tra i più innovativi al mondo: secondo il World Economic Forum e Mckinsey, 9, tra le 16 fabbriche più sviluppate in fatto di 4.0 sono dislocate in Europa. Si registra, inoltre, un fervente interesse nello sviluppo di startup innovative e, soprattutto, un solido bacino di talenti nella ricerca e nel tech, più ampio di quello presente negli Stati Uniti e in Cina. A dirlo sono i dati: il numero di programmatori software europei è cresciuto del 4-5% negli ultimi due anni, fino a raggiungere i 5,7 milioni (negli USA il totale è pari a 4,4 milioni).

Nonostante ciò, i divari rispetto ad Asia e NordAmerica sono ancora molto ampi. Nella classifica delle società per capitalizzazione nel 2019, infatti, tra i primi venti posti, non compare nessuna azienda europea.

Nello scenario attuale, fare dell’innovazione la leva strategica per la competitività e la crescita del continente, significa anzitutto attivare una serie di misure atte ad accompagnare aziende e figure professionali verso la trasformazione digitale a fondamento dell’industria 4.0. Si richiedono, in particolare: azioni per la creazione di ecosistemi industriali, incentrati sulla collaborazione e lo scambio di best practices date dalla fusione tra tradizione e innovazione; attività a supporto della formazione e della riqualificazione professionale; l’incremento di sforzi innovativi nell’ambito della pubblica amministrazione; maggiore sostegno  alla crescita delle startup.

L’Industria 4.0 richiede l’aumento di competenze, sia di tipo avanzato (+40%) che di base (+65%). Per questo motivo risulta fondamentale preparare un terreno idoneo affinché le i lavoratori, di oggi e di domani, possano sviluppare le digital skills necessarie. Importanti anche gli investimenti sulla riqualificazione professionale delle figure già inserite nel mondo del lavoro. L’offerta formativa dovrà essere costantemente aggiornata e in linea con la domanda. Non solo un modo per attirare talenti e arricchire il bacino di professionalità possedute, ma anche e soprattutto per rendere la transizione verso l’era digitale più semplice e indolore.

Una spinta, quella verso la trasformazione digitale, che non può esimersi dal coinvolgere le pubbliche amministrazioni, anche in anche in considerazione del fatto che una parte considerevole della spesa europea è destinata a prodotti e servizi pubblici (circa 2.000 miliardi di euro l’anno pari al 14% del PIL).

Da non sottovalutare, inoltre, il contributo fornito dalle startup. Il numero di nuove forme di imprese innovative, in Europa, negli ultimi 3 anni risulta triplicato e gli investimenti nel settore sono cresciuti del +360% rispetto agli ultimi 5 anni (21 miliardi di euro investiti). Le premesse sono buone ma c’è ancora da lavorare: il numero di unicorni europei (startup che hanno valutazioni superiore a 1 miliardo) è cresciuto a un tasso pari alla metà di quello degli USA e il mercato del venture capital europeo risulta ancora poco sviluppato. Il 90% di questi investimenti, inoltre, è distribuito in soli 8 Paesi membri.