Ue, Italia e Industria 4.0: cooperazione, scambio di best practice e competenze, ecco la formula per la competitività

La rivoluzione del 4.0 ha reso lo scenario internazionale sempre più competitivo, attraverso trasformazioni multisettoriali e trasversali e dalle molteplici implicazioni. Per l’Ue, vincere la partita contro i competitor globali è possibile: servono cooperazione, scambio di best practice e competenze

I primi effetti di quella che già in molti considerano la “rivoluzione 4.0”, non sono tardati ad arrivare. Digitalizzazione e automazione, protagoniste indiscusse di una società sempre più connessa, hanno ridefinito le modalità utilizzate da imprese e operatori per muoversi nei mercati globali e condotto a sistemi produttivi e modelli di business nuovi e in continua e rapida trasformazione. Se da un lato, l’Industria 4.0 promette grandi benefici, dall’altro propone numerose sfide. La più difficile? Mantenere il passo con il cambiamento, soprattutto per Paesi come l’Italia, caratterizzati da un tessuto economico marcatamente frammentato.

Il carattere rivoluzionario del fenomeno Industria 4.0, non tocca solo aspetti di natura economica, ma anche politica e sociale. Quelle avvenute nell’odierna società della connessione, sono trasformazioni trasversali e multisettoriali su cui l’Europa ha il dovere di interrogarsi, confrontarsi e intervenire. Lo si legge nel  Volume “Europa 4.0 – Il futuro è già qui”, curato da associazione Prospettiva Europea e dalla rivista Europalab, un testo che fa luce sulla necessità di “Ripartire dalle urgenze del tempo presente” e di riflettere sulle nuove sfide lanciate dall’Era digitale, attraverso uno sguardo attento e consapevole rispetto al fenomeno.

La ripresa e la crescita industriale si classificano tra i temi centrali tanto della politica europea quanto di quella nazionale. Negli ultimi decenni si è assistito al proliferare di misure e politiche pubbliche mirate al rilancio della produzione e della produttività del settore privato, con risultati diversi da Paese a Paese. Non particolarmente brillanti gli effetti ottenuti dall’Italia in cui, a causa della frammentazione del sistema produttivo che la caratterizza, solo poche realtà hanno giovato dei benefici derivanti dai processi attivati a favore dell’industria.

A frenare lo sviluppo industriale dello stivale, per il 95% delle imprese, anzitutto la mancanza di una visione per il futuro e di figure manageriali in grado di accompagnare la trasformazione. Peggiorano la situazione, la difficoltà nel sostenere investimenti di grande portata e la scarsa propensione al sostegno di attività di ricerca e sviluppo. In più, il dibattito pubblico italiano relativo all’Industria 4.0 è alterato da una forte negatività nei confronti del fenomeno, connessa all’occupazione e alla trasformazione dei tradizionali sistemi produttivi. Si ritiene infatti che l’automatizzazione e la computerizzazione industriale possano portare a meccanismi di sostituzione tra operaio e macchina, e di precarizzazione.

Eppure, gli elementi su cui concentrarsi per dominare e vincere le sfide poste dall’industria 4.0, sono molteplici. La trasformazione digitale ha avuto impatti notevoli anche sulle dinamiche di produzione e sulla relazione tra beni/servizi e consumatore.Siamo nella società dell’on-demand, del tempo del “just in time”, di un incontro domanda/offerta immediato. Il bene non è più acquistato ai fini del possesso, ma dell’utilizzo. Se da un lato, ciò comporta una riduzione dei costi di acquisto, dall’altro determina importanti implicazioni rispetto alla circolazione dei dati personali e controverse questioni legate alla privacy e alla sensibilità delle informazioni.

L’incessante evoluzione tecnologica e la conseguente interconnessione è destinata ad avere effetti rilevanti non solo sull’adattamento e la creazione di nuovi modelli di business, ma anche sui piani di investimento delle imprese. Le realtà nazionali poco dinamiche e produttive, quali quella italiana, rischiano di vedere aumentare il divario che le separa dai Paesi più attenti all’innovazione nello scenario globale.

Il processo innovativo è caratterizzato da numerose componenti tra loro connesse. La debolezza di una, comporta l’indebolimento di tutte le altre. In Italia, nonostante si siano registrati evidenti miglioramenti rispetto agli investimenti su nuovi macchinari, il piano della formazione  digitale risulta particolarmente debole,se non assente. il problema è la mancanza di figure specializzate capaci di accompagnare il cambiamento nei processi di produzione.

Tra i temi più controversi del processo di digitalizzazione, quello della cyber security. Se da un lato, la digital trasformation comporta non pochi vantaggi per le imprese; dall’altro l’interconnessione fa si che la vulnerabilità aumenti, soprattutto rispetto alle Operational Technology. La perdita di dati e di informazioni può rappresentare un grosso danno di Know-how. Risulta dunque fondamentale per le imprese attrezzarsi per proteggersi e fronteggiare la minaccia.

La soluzione? Esaltare l’individualità di ciascuna impresa, investire su creatività, punti di forza ed elementi distintivi per condividere best practise e partnership internazionali. Compito degli organi e delle politiche comunitarie, quello di promuovere confronto e cooperazione affinché il cambiamento si trasformi in fattore di crescita e diventi la chiave per l’innovazione e la competitività.