Parchi scientifici e tecnologici italiani: cosa fanno e che ruolo giocano nell’innovazione e nello sviluppo del territorio?

Produrre nuova conoscenza, questo l’obiettivo dei numerosi parchi scientifici e tecnologici disseminati in tutta Italia. Ma cosa sono e qual è il loro ruolo? Un’articolata risposta arriva dal “Primo questionario dinamico sui parchi scientifici e tecnologici italiani soci di APSTI”.

Il variegato e multisettoriale network dei parchi scientifici e tecnologici, diversi per compiti e funzioni, rappresenta una realtà unica nello scenario italiano, nonché una preziosa officina di conoscenza realizzata attraverso la collaborazione con gli attori della ricerca che, se adeguatamente valorizzata, potrebbe giocare un ruolo strategico nei moderni modelli di produzione e di sviluppo dei territori.

Si tratta di un sistema in continua evoluzione, improntato al miglioramento continuo su molteplici fronti: da quello tecnologico, al rafforzamento del networking con i soggetti coinvolti nonché con il mondo delle imprese e della ricerca, fino all’ampliamento della tipologia di servizi offerti.

Per la prima volta, un’indagine – condotta da Elena Prodi, ricercatrice del dipartimento di Economia e Management, Università degli Studi di Ferrara e ADAPT Research Fellow, e realizzata in collaborazione con l’Associazione parchi scientifici e tecnologici Italiani (APSTI) – ha tentato di descriverne le peculiarità, facendo luce sul ruolo giocato all’interno della società e del territorio di riferimento, sulle potenzialità possedute e sulle funzioni svolte.

La ricerca, dal titolo “Primo questionario dinamico sui parchi scientifici e tecnologici italiani soci di APSTI” prende le mosse dal tentativo di comprendere attraverso quali modalità i parchi scientifici e tecnologici possano mobilitare e coordinare risorse, entrare in relazione con i mercati del lavoro locali e interagire all’interno del contesto nazionale. Nello specifico, ci si è interrogati sulla dimensione occupazionale dei parchi, sulla tipologia e la forza delle relazioni intrattenute con scuole, università ed enti di ricerca, sul ruolo giocato nell’ambito della filiera formativa, sulla natura delle collaborazioni con i dipartimenti universitari nonché sulla specializzazioni più diffuse.

L’indagine ha visto la partecipazione di una consistente fetta di un sistema che, in totale, conta oltre 45 parchi diffusi in tutta la penisola. A rispondere al questionario sono stati 6 parchi della Lombardia, 3 del Friuli Venezia Giulia, 1 parco di Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Liguria, Trentino, Sardegna, Piemonte e Campania, e il consorzio ART-ER dell’Emilia Romagna.

La missione dei PST

Secondo il 95% dei parchi intervistati, la missione fondamentale dei PTS sta nel “favorire la collaborazione tra grandi e medie imprese e piccole imprese innovative (start-up, spin off)“. Per l’85% del campione, tra gli obiettivi prioritari figura anche il “trasferimento delle conoscenze scientifiche e tecnologiche da enti di ricerca pubblici e privati verso il sistema delle imprese del territorio”. Fondamentale, per il 76% dei soggetti coinvolti nell’indagine, il “trasferimento di conoscenze scientifiche e tecnologiche dall’università verso il sistema delle imprese del territorio”. Per 70%, inoltre, il lavoro dei PTS è legato anche al tentativo di far crescere l’occupazione nel territorio di riferimento, attraverso la creazione di nuove imprese al alto contenuto tecnologico.

L’occupazione nei parchi 

La dimensione del personale impegnato nella gestione dei parchi, varia a seconda della realtà considerata. Un terzo dei parchi ha tra 1 e 10 impiegati, 9 parchi impiegano uno staff che oscilla tra le 12 e 45 unità, mentre 4 parchi possiedono uno staff che varia dalle 90 fino alle 200 unità. Rispetto ai lavoratori delle aziende all’interno dei parchi, il numero oscilla da un nucleo minimo di 5-10 persone a più di 500. La metà dei PTS si attesta su un numero che va dalle 250 alle 750 unità.

Scuola, università e centri di ricerca 

Più del 65% dei parchi intervistati ha affermato di ospitare laboratori ed enti di ricerca. Il 47% è legato a enti di ricerca accademici, mentre il 52% accoglie spin off universitari.

In particolare, la sinergia con l’università si concretizza attraverso l’attivazione di percorsi di formazione pensati per attrarre giovani studenti e lavoratori di talento verso il parco e le aziende associate. Le collaborazioni più frequenti avvengono con dipartimenti di ingegneria industriale, ingegneria elettrica ed elettronica, ma anche civile e ambientale. Diffuse anche le collaborazioni con i dipartimenti di chimica e scienze del farmaco, nonché con quelli di scienze economiche, commerciali e statistiche e di matematica e informatica.

Le specializzazioni

In generale, il settore ICT si colloca ai vertici delle specializzazioni dei parchi. Tuttavia, in alcune aree, a farla da padrona sono le specializzazioni riconducibili all’ambito medico-farmaceutico e delle scienze della vita. Diffuse anche quelle inerenti al settore terziario (turismo, servizi e imprese creative e culturali). Non mancano poi, i parchi specializzati in meccatronica e nanotecnologie, o nelle aree legate ad ambiente e green technology, alimentare, chimica, energia ed edilizia.

Un network internazionale

Le maggiori collaborazioni con la filiera formativa e della ricerca mondiale avvengono: tra i Paesi europei, con Francia, Belgio e Germania; e, tra i Paesi extraeuropei, con Cina e Stati Uniti ma anche Cile, Brasile, Paraguay. Inoltre, per i parchi dell’area friulana, si registrano intense collaborazioni anche con i Paesi del’area centro-est europa.