Donne e STEM, un percorso tutto in salita: la questione del gender gap tra accademia e mondo del lavoro

Sono solo 12 su 1000 le donne italiane impegnate in corsi di laurea STEM, nonostante l’elevato tasso di occupabilità e remunerazione ad essi associato. Rispetto agli uomini, hanno difficoltà ad accedere a posizioni lavorative di rilievo e guadagnano di meno. Questi i principali risultati dello studio di Startup Italia sulla disparità dei genere in ambito STEM.

In un’Italia che fa fatica ad accettare che la donna meriti le stesse condizioni occupazionali dell’uomo, il gender gap affligge anche il mondo accademico, soprattutto se si guarda alle materie STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). È quanto emerge da uno Studio condotto da Startup Italia, sul rapporto tra ragazze e discipline STEM.

Il lavoro – realizzato in collaborazione con Valore D, associazione di imprese impegnata nella promozione dell’equilibrio di genere e di una cultura inclusiva nelle organizzazioni italiane – prende spunto dal Bilancio di Genere realizzato dal Politecnico di Milano, ed è basato sul confronto di numerose altre autorevoli fonti quali AmaLaurea, Eurostat e The Lancet, rivista scientifica inglese.

I dati mostrano una situazione dinamica e in evoluzione che, tuttavia, è ancora segnata da forti disparità.

Le ragazze che, nel 2018, hanno conseguito la laurea in discipline STEM sono state 28.304, contro 43.825 ragazzi. Nello specifico, rispetto alle lauree triennali si contano 16.848 ragazze e 26.202 ragazzi. Ad ottenere un titolo magistrale, sono state 11.456 donne e 17.623 uomini.

Rispetto a 15 anni fa, la situazione è migliorata: se nel 2004, si contavano solo 3.398 lauree triennali femminili, oggi se ne registrano cinque volte tanto.

Le donne che si laureano in materie STEM, inoltre, lo fanno con risultati migliori: presentano un voto medio di laurea più alto (103,6 su 110, contro 101,6 degli uomini) e mostrano una maggiore regolarità negli studi. Nel 2017, ad esempio, a concludere gli studi nei tempi previsti è stato il 46,1% delle ragazze,contro il 42,7% degli uomini.

Eppure, per le donne, preparazione e voti migliori rispetto ai colleghi maschi, non corrispondono necessariamente ad un immediato accesso al mondo del lavoro. Le forti disparità di genere che caratterizzano l’ambiento accademico, continuano a perpetuarsi anche in ambito lavorativo, sia in termini di accesso alla professione e agli incarichi più prestigiosi, che in termini retributivi e contrattuali.

Le problematiche connesse all’accesso delle donne al settore STEM, trovano terreno fertile in un retaggio culturale, quello italiano, ancora incapace di comprendere che la rimozione delle barriere all’istruzione e al mercato del lavoro femminili, rappresenta un tassello cruciale per lo sviluppo economico e la crescita del Paese.

Bisogna intervenire sul senso comune secondo cui le materie STEM sono di dominio prettamente maschile, facendo chiarezza sul fatto che non esistono predisposizioni di genere verso le discipline e che, scegliere di non studiare discipline STEM, considerato l’elevato tasso occupazionale e di remunerazione ad esse associato,  significa perdere una grandissima opportunità.

Avviare un significativo cambio di rotta è possibile, ma solo a patto che società e istituzioni si impegnino sinergicamente a costruire e offrire nuove opportunità e modelli.