Digitalizzazione: PA locale e Ict, la fotografia scattata dall’Istat tra ritardi e criticità

La digitalizzazione, oggi più che mai, rappresenta una condizione necessaria affinché la PA possa garantire il corretto e pieno svolgimento delle sue funzioni e un’offerta di servizi di qualità ai cittadini. Eppure le Pubbliche Amministrazioni italiane sembrano non essere pronte o interessate a cogliere la sfida. I dati del Rapporto Istat su “Pubblica Amministrazione locale e ICT” 2018 parlano chiaro: la banda ultralarga copre meno della metà degli uffici pubblici e il 90% della PA utilizza ancora strumenti analogici. In più: la formazione Ict per il personale è ridotta al minimo e gli investimenti in innovazione risultano insufficienti.

La lentezza della Pubblica Amministrazione italiana sul fronte innovazione è un dato di fatto. Basta dare uno sguardo ai numeri contenuti nel Rapporto Istat su “Pubblica Amministrazione locale e ICT” su dati 2018, per rendersi conto di quanto  sia ancora lunga e in salita la strada verso un effettivo adeguamento degli uffici e del personale pubblico al processo di digitalizzazione e alla normativa vigente in fatto di digitale.

“Nonostante la crescita dell’informatizzazione in rete – si legge nel Rapporto –  l’87,8% delle PA locali utilizza ancora strumenti analogici (timbri, firme, sigle) nella protocollazione e, tra queste, circa il 45% ha protocollato così oltre la metà della documentazione”. Per quanto riguarda diffusione delle banda ultralarga e velocità di connessione, il  41% delle PA locali accede a Internet con connessioni veloci (almeno 30 Mbps) e solo il 17,4% con quelle ultraveloci (almeno 100 Mbps).

Al 2018, la percentuale di Comuni che rendono accessibili i servizi online con l’identità digitale (Spid) si attesta al 20,5%; mentre solo nel 5,5% degli enti locali si accede ai servizi online con la carta di identità elettronica. Inferiore al 30% anche la percentuale di PA locali che si connettono a Internet con la fibra ottica (28,6%).

Segno di una PA immobile e che fa fatica a cambiare è poi il disinteresse registrato dall’Istat, nei confronti dei percorsi di formazione in materie informatiche da destinare al personale: si ferma a 9,5%, il tasso di dipendenti che ha seguito qualche corso.

Obblighi legislativi e direttive governative, tra i principali fattori di digitalizzazione della PA

Il 35,3% delle Amministrazioni locali si è aperto al processo di digitalizzazione perché spinto dagli obblighi legislativi e il 30,4%, in risposta alle direttive provenienti dal Governo centrale e locale. Tuttavia, nonostante gli obblighi, a fine 2018, otto PA su dieci dichiaravano di non aver ancora formalmente nominato un Responsabile per la Transizione Digitale, figura incaricata di gestire tutte le attività operative e i processi di riorganizzazione necessari per il passaggio a una amministrazione digitale aperta e in realmente in grado di offrire servizi di qualità.

Formazione Ict per il personale ridotta al minimo

La mancanza di competenze digitali da parte dei dipendenti e l’ancora più preoccupante disinteresse nei confronti dei percorsi di formazione in materie informatiche da destinare al personale delle PA locali, incidono in modo significativo sulla lentezza del processo di digitalizzazione delle Amministrazioni Pubbliche.

Nel corso degli anni, le attività di formazione Ict sono addirittura diminuite. “Si riduce in particolare – scrive l’Istat –  la formazione specialistica (dal 19,4% del 2015 al 16,9%) pur interessando una quota maggiore di personale coinvolto ( da 7,7% del 2015 al 9,5%)”.

Nei Comuni l’incidenza della formazione è connessa alla classe di ampiezza demografica, con l’11, 5% per gli enti fino a 5mila abitanti (13,3% nel 2015) e il 46,4% per i Comuni con oltre 60 mila abitanti (57,9% nel 2015), sebbene la quota di partecipanti si limiti all’8,5%. I corsi di aggiornamento seguiti dal personale hanno riguardato soprattutto applicazioni e software specifici (71,7%), sicurezza ICT (40,8%), e web (28,7%). In media il numero di ore erogate ogni 100 dipendenti si attesta a 23,3 con una variabilità tra Comuni di diverse dimensioni (30, 6 ore per quelli con oltre 60 mila abitanti).

Nel 92,2% dei casi le funzioni informatiche sono affidate a fornitori privati in concorso con il personale interno che comunque negli ultimi anni registra una flessione. Nel caso delle Regioni, risulta ancora rilevante anche l’utilizzo dell’outscourcing verso imprese a controllo pubblico (da 77,3% nel 2015 a 72,7%).  Tra le funzioni che più di frequente vengono gestite internamente spiccano la redazione e gestione dei contenuti Web (56,4% da 57,0% nel 2015) e quelle di supporto tecnologico e assistenza a utenti interni (27,3% nel 2018 da 28,8% nel 2015). A essere esternalizzate sono soprattutto le attività più specialistiche relative a gestione e manutenzione di software (87,4% nel 2018, 86,8% nel 2015) e di hardware (83,2% nel 2018, 82,8% nel 2015)”.

Big data e intelligenza artificiale: investimenti ancora insufficienti

A concorrere alla lentezza del processo di trasformazione digitale della PA, anche la scarsa propensione all’investimento in innovazione espressa dagli enti locali. Sebbene emerga una certa consapevolezza verso le opportunità offerte dagli strumenti di Intelligenza Artificiale (IA) come chatboat, tecniche di apprendimento automatico e di analisi dei big data da parte delle Amministrazioni di maggiori dimensione, le PA locali che investono in questo tipo di tecnologie sono ancora poche.

“Tre Regioni su dieci dichiarano di avere interesse a investire in strumenti di IA e più della metà (59,1%) in tecniche di analisi di grandi quantità di dati che possono essere riferiti a ‘cose’ (Internet of things), ‘persone’ (da social media, sito web, da altre applicazioni mobili) e altre tipologie. Circa il 22,0% dei Comuni con più di 60mila abitanti ha apportato o ha intenzione di apportare miglioramenti all’offerta online investendo in queste innovazioni tecnologiche; i Comuni con oltre 5mila abitanti della Provincia Autonoma di Trento (15,8%), della Liguria (11,0%) e della Sardegna (7,9) sembrano quelli più attivi nell’attivare strumenti di IA, mentre per l’analisi di big data spiccano i Comuni della Liguria (16,7%) cui si aggiungono quelli con oltre 5mila abitanti della Provincia Autonoma di Bolzano (7,2) e dell’Umbria (6,5%)”.

A servizi migliori corrisponde una domanda maggiore

“Nel triennio 2016-2018 – si legge nel Rapporto –  oltre il 40% delle PA locali del Centro-nord ha dichiarato di aver realizzato interventi di natura tecnica, finanziaria o normativa per migliorare i servizi resi online; la quota scende al 29,4% nel Mezzogiorno. In tutte le tipologie di ente, l’effetto più diffuso di tali interventi è stato l’aumento della percentuale di richieste pervenute online sul totale (59,2%), di pratiche evase interamente online sul totale (49,2%) e la riduzione dei tempi di attesa per i servizi online (43,7%)”.

“Nel 2018 il 64,6 % delle Amministrazioni locali offre servizi online fruibili anche attraverso dispositivi mobili come smartphone o tablet; il 37,2% li fornisce attraverso messaggistica mobile (SMS, WhatsApp,ecc.) e il 23, 7% offre servizi disponibili su applicazioni gratuite (app) per dispositivi mobili. Proprio per le app emerge il divario maggiore tra i Comuni con oltre 5mila abitanti (23,7%) e quelli con oltre 60 mila abitanti (40,0%) e le Amministrazioni regionali (72,7%)”.

La performance delle Città metropolitane 

L’Istat ha stilato una classifica delle PA locali più digitalizzate tenendo in considerazione 12 indicatori quali: Formazione ICT, Open Data, Monitoraggio utilizzo, Velocità di connessione, E-procurement, Monitoraggio soddisfazione, Open source, Livello massimo di servizi online, Interventi di miglioramento, Cloud computing, CRM, Punti wi-fi gratuiti.

Occupano le prime cinque posizioni le città di Bologna, Milano, Firenze, Bari e Venezia. Fanalino di cosa, per Reggio Calabria e Genova che si contengono l’ultima posizione, precedute da Messina e Palemo.

Le migliori perfomance per l’offerta di servizi online, sia per livello di disponibilità che per interventi di miglioramento messi in atto nel triennio 2016-2018, sono ascrivibili alle aree delle Città metropolitane di Venezia, Bologna e Milano; le peggiori a quelle della Regione Sicilia.

Sulla velocità di connessione per accedere a Internet, emerge la Città Metropolitana di Bologna, dove i Comuni che utilizzano connessioni ad almeno 100 Mbps sono l’84,3%. All’ultimo posto si posiziona invece l’area della Città metropolitana di Palermo, con il 6,1% dei Comuni.

In termini di formazione in campo Ict, i Comuni più attivi sono invece quelli delle Città metropolitane di Venezia e Bologna (rispettivamente 58,1% e 53,5% dei dipendenti che nel 2018 hanno partecipato a tali attività). La partecipazione più bassa si rileva invece nei Comuni situati nei territori metropolitani di Reggio Calabria (6,0%), Catania (8,8%), Torino (9,8%) e Roma (12,0%).

ISTAT – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LOCALE E ICT